Olio su tela, cm 163 x 113
Museo Giovanni Boldini, inv. 1386
L’opera, datata 1916 dallo stesso Boldini e rimasta sempre nella sua collezione privata, appartiene alla tarda maturità dell’artista e rappresenta una delle prove più riuscite di questa fase. L’effigiata pare appartenesse alla famiglia cilena Subercaseaux-Concha- Errázuriz con la quale Boldini era in rapporti professionali sin dal 1887: Emilia Cardona sostiene infatti si tratti della nipote di Emiliana Concha de Ossa, modella di Boldini nel 1888 per il celebre Pastello bianco tanto che, sin dal 1931, l’opera è stata esposta come ritratto di Olivia de Subercaseaux Concha o di Olivia Concha de Fontecilla.
A prescindere dall’identità della modella, ciò che colpisce è che, nonostante l’età avanzata, il pittore continuasse ad attirare nel suo atelier membri della nobiltà e dell’alta società che provenivano da ogni parte d’Europa e d’America. L’eccezionale abilità pittorica unita ad un ricco repertorio di pose ricercate, eleganti, talvolta eccentriche, e ad una ampia gamma di accordi cromatici sempre diversi e ben orchestrati, facevano di lui, ancora a quelle date, uno dei più contesi ritrattisti del bel mondo internazionale. A partire dalla fine del primo decennio del Novecento, lo stile di Boldini è divenuto sempre più audace. La materia pittorica, sfrangiata e sfilacciata, viene stesa ora a grosse ed energiche pennellate in grado di restituire, con estrema ma sapiente sinteticità, tutti i riflessi delle sete e dei velluti così come la freschezza dei fiori appena recisi. La scelta ormai consueta, quasi una firma, di ritrarre le sue modelle in atteggiamenti eleganti ma disinvolti, come colte di sorpresa, quasi non fossero “in posa”, conferisce ai ritratti quella peculiare nota di modernità con la quale aveva saputo rinnovare il canone classico del ritratto ufficiale.
Come ebbe a dire Arsène Alexandre, a proposito di alcuni dipinti esposti al Salon du Champ de Mars del 1909, ammirate o avversate che fossero, le effigi di Boldini erano comunque la perfetta espressione del loro tempo. Interprete prediletto della società della Belle Époque, Boldini era riuscito infatti, con acutezza, a restituirne l’anima fatta di «mondanità, charme, sinuosa civetteria, desiderio inconfessato […] Calmo, con il suo volto da prete stizzito, calvo e rispettosamente melanconico, l’artista osserva, sorprende, esprime questa vanità che si agita con eleganza».
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