Olio su tavola, cm 116 x 38
Museo Giovanni Boldini, inv. 1376
Questa natura morta è una delle rare prove di Boldini in questo genere, trattato per lo più come esercitazione privata, e si distingue dalle altre per concezione ed esecuzione. Il formato fortemente allungato e l’ardita inquadratura a “volo d’uccello”, che fa sì che gli oggetti rappresentati vengano sospinti verso l’osservatore, fanno risaltare il prezioso servizio di argento e porcellana – sul cui bianco spicca la nota di arancio della frutta – e il particolare delle iniziali “GB” ricamate sulla tovaglia, attributi dello status sociale di un artista dal tenore di vita analogo a quello dei suoi ricchi committenti. Il carattere di studio di quest’opera sembra essere avvalorato anche dalla presenza di un altro schizzo ad olio (Interno di uno studio con figure in movimento), originariamente sul retro della tavola.
L’atmosfera intima ed evocativa dell’opera la accomuna ad altre vedute della casa e dell’atelier, protagoniste di una ricerca figurativa peculiare condotta da Boldini a partire dalla metà degli anni Ottanta. Inizialmente utilizzate come scenario nel quale ambientare le visite di amici artisti e critici o le serate musicali, queste vedute si spogliano progressivamente dalla presenza umana: l’attenzione del pittore si focalizza sempre più sugli ambienti e sugli oggetti in essi contenuti che divengono, a tutti gli effetti, i soli protagonisti di questo universo “privato”.
Gli scorci dell’atelier con i dipinti, ma anche gli utensili e gli oggetti d’uso quotidiano come quelli qui raffigurati divengono, inaspettatamente, un universo formale capace di suscitare emozioni e suggestioni. Osservando tali opere, si ha, inoltre, l’impressione che in esse si celi il sottile desiderio di raccontare, tramite le immagini degli spazi e degli oggetti vissuti più intensamente, qualcosa di colui che quegli ambienti abita e quegli oggetti possiede. Quadri appoggiati alle pareti, l’orologio Luigi XV, il mantello abbandonato sulla bergère, il calco in gesso del busto del Cardinale de’ Medici del Bernini o, ancora, la mensa del pittore, si caricano di significato divenendo, da semplici elementi formali, presenze vive ed eloquenti.
È forse questo lo spirito con cui Boldini trattò i generi degli interni d’atelier e della natura morta; lo stesso con cui l’anziano artista ammonì il giovane De Pisis, in visita a Parigi nel 1925, appena confessatosi pittore di nature morte: «Oh, Dio, che tristezza... faccia ben delle cose vive».
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